Casa: nel 2011 in Abruzzo 625 sentenze di sfratto

TERAMO – In Abruzzo, nel 2011, sono state emesse 625 nuove sentenze di sfratto, di cui 556 per morosità.  E’ quanto emerge dai dati del Ministero dell’Interno relativi agli sfratti nel 2011, diffusi dall’Unione Inquilini. Sono state invece 1.672 le richieste di esecuzione forzata presentate all’ufficiale giudiziario e 578 gli sfratti eseguiti con l’intervento dello stesso. Il dato complessivo, se paragonato a quello dell’anno precedente, fa registrare una
flessione del 2,8%. A livello territoriale, Pescara si classifica al primo posto in Abruzzo, con 310 sfratti ed una crescita, rispetto al 2010, dell’1,31%. Seguono L’Aquila (134 sfratti, -10,67%), Teramo (122, -2,40%; dati ancora incompleti) e Chieti (59, -4,84%). Principale causa di sfratto in Abruzzo è la morosità, che sfiora il 90% del totale, con 283 casi a Pescara, 110 all’Aquila, 108 a Teramo e 55 a Chieti. "Non tragga in inganno il meno 2,8% sul totale degli sfratti emessi nel 2010 – commenta il segretario dell’Unione Inquilini Pescara e membro della segreteria nazionale dell’associazione, Walter Rapattoni – perchè i dati sono ancora incompleti. Da
sottolineare infatti il dato allarmante della città di Pescara, in cui il totale degli sfratti emessi è salito dell’1,31%
rispetto al 2010". "Dallo scoppio della crisi, l’andamento degli sfratti segnala con evidenza l’acuirsi di una irrisolta questione sociale legata al diritto alla casa negato – aggiunge Rapattoni -. Serve una sospensione immediata dell’esecuzione di tutti gli sfratti, compresa la morosità incolpevole e uno stanziamento straordinario per ripristinare un fondo sociale per gli affitti adeguato alle esigenze delle famiglie in difficoltà". Il segretario dell’Unione Inquilini Pescara, che parla di una "condizione di sofferenza sociale", auspica anche "un piano
straordinario per gli alloggi popolari, utilizzando con priorità il patrimonio pubblico e le aree pubbliche. Questa –
spiega Rapattoni – sarebbe una ‘valorizzazione sociale’ dei beni pubblici e non la dismissione speculativa che il governo prepara. Sarebbe una grande opera pubblica, un investimento per il lavoro e la giustizia sociale".